La leggenda sulle origini di Tuenetto Nel bosco coperto di noccioli che declina nella valle di Mollaro, a ponente del paese di Tuenetto, c’è una grotta scavata nel fianco del ripido pendio. Il luogo è chiamato Bosc’ del Milio dal nome del proprietario. L’antro è di piccole dimensioni, ma un tempo era molto più ampio. La gente di Tuenetto lo chiama “Tana del Minòt”, ma nessuno si spiega tale nome. Nella parlata nonesa minòt è diminutivo di min termine infantile che vuol dire GATTO e deriva da min parola di richiamo del gatto. Tutti però sanno chi abitava tanti anni fa la Tana del Minòt. Come ogni leggenda, «La tana del Minòt», contiene qualche elemento storico plausibile come ad esempio il legame tra la famiglia di notai di Tuenetto, con i Thun come sostiene Paolo Odorizzi nel suo «La Val di Non e i suoi misteri» a pag.257, dove si legge: «Essi [il casato di notai residenti a Tuenetto] furono per sei generazioni al servizio dei de Tono e alla fine si imparentarono con loro attorno al 1383 grazie al matrimonio fra il notaio Ottone I e Sofia figlia di Simeone II de Tono. Questo casato [quello dei notai] fu spazzato via dalla peste del 1439.» Ancora più evidente l'elemento dell'epidemia di peste ampiamente documentato.
Bibliografia: V.Inama – Storia delle Valli di Non e di Sole nel Trentino – 1988 G.B.Menapace – Malgolo nella Pieve di Torra – 1890 J.A.Maffei – Periodi istorici e topografia delle Valli di Non e Sole – 1805 C. Ausserer – Le famiglie nobili nelle valli del Noce – 1985 E. Quaresima - Vocabolario anaunico e solandro - 1964 P. Odorizzi, La valle di Non e i suoi misteri
L'impervio bós-c' del Milio
La tana del Minòt
Or fanno molti secoli, la vita a Tuenetto scorreva paziente. La gente viveva poveramente coltivando l’orto e il campo, cavando appena quanto bastava per non morire di fame. Fino al giorno nel quale una persona si ammalò e morì; sulle prime nessuno se ne curò. Era purtroppo consueto che qualcuno se ne andasse in cielo anche se era in giovane età. Nelle settimane successive però sempre più persone, giovani e vecchi, cominciarono a presentare gli stessi sintomi di un morbo misterioso e morivano. Una giovane ragazza umile, ma assai intelligente, dopo che aveva perso il papà, la mamma e i fratelli a causa di quella terribile epidemia, per non contrarre la malattia si rifugiò nella grotta che era nel bosco. Era in un luogo che lei conosceva molto bene perché ci andava spesso con la sua capretta a pascolare. La ragazza era magra e di piccola statura, i suoi lunghi capelli biondi le incorniciavano il bel viso. Con la bestiola a tenerle compagnia abitò in quella fredda spelonca vivendo del suo latte e dei frutti del bosco. Aveva il cuore pieno di tristezza perché comprese di essere l’unica superstite del flagello della peste a Tuenetto. Dopo qualche tempo, in una calda giornata d’estate, un tal Melchiorre , palafreniere del nobile signore Thun di Castel Brugherio, passò nei pressi della caverna. Ed ecco saltar fuori da un cespuglio la bellissima ragazzina e il giovane se ne innamorò perdutamente. «Mi considerate degno di essere vostro sposo?» chiese il cavaliere alla fanciulla. «Oh, sì, sì.» rispose al colmo della felicità la giovinetta. Ci fu persino la festa di nozze alla quale fu invitata tutta la gente risparmiata dal tremendo morbo: parenti e amici, i nobili signori della casata Thun di Castel Brugherio benedirono l’unione tra i due giovani. Insieme, passato il pericolo della pestilenza, diedero nuova vita al paese di Tuenetto. Ebbero cinque figli maschi sani e vigorosi che allevarono con ogni cura e quando furono diventati giovanotti a ciascuno vollero assegnare una casa di Tuenetto. Si dice sia per questo che la frazione è composta di cinque casoni e che il cognome predominante nella frazione sia Melchiori.
Il Minòt nella fantasia di un bambino
Castel Bragher in una vecchia stampa