Non è possibile datare con sicurezza la costruzione della chiesa di Tuenetto dedicata a San Rocco. Il verbale della visita pastorale compiuta nel 1537 al tempo del Cardinale Bernardo Clesio, non fa alcuna menzione di una chiesa posta nel paese di Tuenetto, nel mentre invece dà un dettagliato elenco degli edifici di culto esistenti nella Pieve di Torra. Ciò porterebbe ad individuare per la costruzione una data successiva al 1500, ma l’Arciprete Pietro de Tomasi nell'inventario del 1774 specifica che “...dal pubblico si crede che la chiesa in questa villa sia stata da tempo antico, ed avanti molti secoli, ciò che può essere per la struttura medesima”. A conferma dell’antichità vi è pure la dedicazione a San Rocco, tale santo invocato come protettore contro la peste incominciò ad essere venerato nelle nostre vallate a partire dal 1400 ed è di questo periodo quella peste che distrusse interamente il paese di Malgolo (nella Pieve di Torra) e minacciò lo stesso Tuenetto. Negli atti visitali del 1913, al tempo del vescovo Celestino Endrici, si ipotizza l'edificazione della chiesa nel 1579 e tuttavia non è dato di sapere su quali informazioni sia basata questa notizia. Finora - come detto - non è stato possibile determinare una datazione più precisa. Del 1742 è il campanile, mentre precedentemente l’unica campana era posta in cima alla facciata della chiesa. Importanti opere di ampliamento furono attuate nel 1765 con l'aggiunta del coro come ben documentato dall'arciprete Pietro de Tomasi. Ulteriori lavori di manutenzione della chiesa si ebbero nel 1912 quando, su interessamento di don Emanuele Melchiori, venne aggiunta la sagrestia ed eseguita la decorazione pittorica (1913). In tempi a noi più vicini, grazie allo zelo di don Adelio Frasnelli fu fatto l’adattamento alle norme liturgiche del Concilio Vaticano II. Nel 2001 furono compiuti rilevanti interventi di conservazione della chiesa che presentava gravi problemi di umidità di risalita sia interni che esterni. All’interno l’umidità minacciava addirittura di deteriorare i banchi; sulla facciata nord, a causa alle infiltrazioni d’acqua dal compluvio contro il campanile, si notava la disgregazione del dipinto di san Giuseppe col Bambino. Oltre a questi interventi si sostituirono le scandole del manto di copertura e si realizzarono nuovi canali di gronda. Purtroppo la vetustà della chiesa non consente di intervenire con opere di risanamento risolutive e i problemi di umidità persistono sempre.
L’edificio è rivolto verso oriente e si trova in disparte dall’abitato ed è, in modo originale, mistica e semplice. Ha una finestra rotonda sopra la porta, in alto una nicchia con la statua di San Rocco eseguita con un materiale non bene identificato, ma sembra trattarsi di "marmorino" (succedaneo del marmo e molto più economico). La nicchia sulla facciata fu eseguita intorno agli anni ’20 del '900 per volontà di don Emanuele Melchiori (sacerdote della famiglia dei Dòri) benefattore della chiesa. Il tetto ha due spioventi molto inclinati coperti di scandole di larice. Sino al 1906 il paese non aveva un cimitero proprio e i morti venivano seppelliti in quello di Torra. Nel terreno antistante alla chiesa trovavano invece sepoltura i bambini morti prima “d’esser all’uso di ragione”, cioè circa prima dei dieci anni. Il paese di Tuenetto e la sua chiesa furono uniti alla parrocchia di Torra fino al 1975 e per tale ragione non ebbe mai un sacerdote fisso, alcune volte all’anno vi veniva a celebrare il parroco o il suo cappellano. Da quell'anno la Chiesa di Tuenetto è parte della parrocchia di Mollaro.
La chiesa negli anni '20
La chiesa negli anni '60
La pianta della chiesa
Frontespizio dell'inventario rilevato dall'Arciprete don Pietro Tomasi nel 1774
Padre Giovanni Dalpiaz curò il riordino dell'archivio di Torra
L'Archivio parrocchiale di Torra (ora conservato al Vigilianum a Trento)
Gli stemmi della nobile famiglia de Micheli di Vion
El ciampanon la campana grande di Tuenetto
L'altare prima dei furti
Il portale in pietra bianca locale
Vecchio calice nella sacristia
Pisside ottocentesca
Documento fondamentale per la storia della Chiesa di San Rocco a Tuenetto è il dettagliatissimo inventario compilato nel 1774 dall’allora Arciprete di Torra Pietro Tomasi che resse la Pieve dal 1750 al 1783 anno della sua morte. Presso l’archivio pievano di Torra è conservato un precedente inventario della chiesa di Tuenetto datato 1751 compilato anch'esso dal Tomasi quando era agli inizi del suo apostolato nella Pieve, e tuttavia questo documento, a parte i dati di prammatica e qualche piccola conferma sullo stato dell’edificio sacro, è povero di informazioni. Si deve all’intelligenza del sacerdote originario di Tesero, la collezione rilegata in 13 volumi comprendente copie di inventari, decreti vescovili, documentazioni di liti e controversie, disposizioni testamentarie, annotazioni di vita quotidiana, riguardanti il territorio della Pieve di Torra. L'intero archivio documentale è ora ospitato presso la Biblioteca diocesana Vigilianum a Trento. È qui doveroso ricordare che l'archivio della Pieve di Torra che, fino alla prima metà del secolo scorso si accrebbe e mantenne sostanzialmente il suo assetto, con il passaggio della cura pastorale da Torra a Segno, alla fine degli anni '60, rischiò l’irrimediabile dispersione della documentazione. Con la ripresa della cura d’anime di Torra da parte di una comunità benedettina (Camaldolesi) nel 1982, l’archivio fu riordinato e regestato rendendolo centro della memoria storica per la popolazione pievana. Il complicato lavoro di classificazione fu assunto dal benemerito monaco Giovanni Dal Piaz al quale si deve sincera gratitudine. Tornando al documento del 1774 esso descrive in modo completo la Chiesa nel XVIII secolo sia per quanto riguarda la struttura - compresa quella del campanile e del cimitero - sia le suppellettili, gli accessori liturgici, i beni stabili, gli affitti ed infine gli aggravi. L’inventario è redatto dal notaio Giovanni Pietro de Mediis di Mollaro abitante in Taio alla presenza dei testimoni Giovanni Paternoster e Romedio di Melchior Melchiori. Il precedente inventario fatto 23 anni prima (1751) fu ritenuto «assai manco per cagione che allora non si ebberon tutte le notizie che dopo solo furono osservate, e per causa massima di molte mutazioni che seguirono dopo quel tempo prencipalmente intorno alla fabrica della chiesa» e per questo fu deciso di rifarlo «nella forma e modo di quello della chiesa di S. Sigismondo di Vion…». Oltre ai due testimoni già ricordati furono chiamati a presenziare il «Sindico di questa venerabile Chiesa figliale Lorenzo di Giovanni Melchiori, Lorenzo del fu Girolamo Melchiori, Girolamo del fu Girolamo Melchiori, Melchior de fu Melchior Melchiori» tutti di Tuenetto, con ogni probabilità capi famiglia. A rilevare le misure dei fondi e a piantare i termini ove mancavano, l’Arciprete Pietro Tomasi si avvalse del perito e giurato agrimensore Giacomo Gallo di Vion. Nel Capo I si descrive la chiesa dedicata a san Rocco Confessore che si trova in luogo detto «a san Rocco». La chiesa è edificata in muratura con il manto di copertura a scandole di larice nella parte del presbiterio e d’assi per il restante. Sulla facciata è descritto un dipinto raffigurante la Beata Vergine col Bambino tra due stemmi di famiglia che però don Tomasi non sa attribuire. Si scoprirà in seguito appartenenti alla famiglia de Michelis di Vion. La questione degli stemmi
Proseguendo nella lettura si scopre che la sacra Visita del 22 luglio 1649 ai tempi di Carlo Emanuele Madruzzo, minacciò di interdire la chiesa se non fosse stata restaurata. La chiesa era soltanto benedetta e non consacrata. Nonostante le raccomandazioni vescovili, si provvide a rinnovare la chiesa solo più di cent’anni dopo, nel 1764 con l’aggiunta del coro, lavori eseguiti dal «maestro muraro Sisinnio Rossi» di Piano di Sanzeno. Dovendo abbattere il muro a est per aggiungere il presbiterio, don Tomasi annota pro memoria che su esso v’era dipinto un san Rocco con lo stemma vecchio dei Conti Thunn. La chiesa aveva le finestre che si vedono ancora oggi. Il pavimento era di pietra e così pure il portale d’ingresso e fu fatto, sempre di pietra, un nuovo vaso per l’acqua santa. L’altare di legno era stato «incolorito» da Giovanni Battista Costanzi nel 1715. L’altare di allora aveva un pala raffigurante San Rocco titolare della chiesa con San Fabiano, in alto la Madonna col Bambino. Alla base della pala era dipinta un’arma che si scoprirà in seguito apparteneva alla medesima famiglia de Michelis di Vion. La cappella aveva un campaniletto coperto d’assi costruito nel 1742 con due campane; la più grande fusa nel medesimo anno in Sarnonico da Pietro Soleti, la più piccola era quella antica della chiesa, ma non si seppe attribuirne la data di fusione. Il cimitero era tutt’intorno alla chiesa e recintato da un muro che meritava d’esser restaurato; aveva un cancello in ferro fatto nel 1753, in precedenza ne aveva uno in legno. Per ultimo in questa descrizione si trattò dell’antichità della chiesa: a questo proposito don Tomasi non seppe stabilire quanto fosse antica, anche perché mancavano le scritture andate distrutte, ma che ora si conservavano in «una cassetina con due chiavi che servir deve d’archivio; una delle qual chiavi resta in mano del Signor Arciprete, e l’altra del Sindico come stà ordinato da decreto visitale. Per altro dal publico si crede, che la chiesa in questa villa sia stata da antico tempo ed avanti molti secoli, ciò che può essere per la struttura della medema, e per le arme antiche sopra enunziate che ne pur ora si conoscono». L'inventario della chiesa specifica anche che il Vescovo e Principe Cristofforo Sizzo, che visitò di persona la diocesi, concesse 40 giorni d’indulgenza a tutti coloro che avessero visitato la chiesa il giorno del patrono san Rocco, tutte le feste di Maria Santissima e il secondo giorno delle rogazioni. L’indulgenza durava però sette anni, pertanto, suggeriva don Tomasi, «de septenio in septenio convien riccorrere». Nel Capo II dove si annotano i beni mobili sono elencate tutte le suppellettili della chiesa. Tra queste spiccano un calice colla coppa d’argento e il piede di rame dorato, una patena d’argento fatta nel 1750 e un crocifisso con sacro convivio; una croce per le processioni che si facevano per la dottrina in parrocchia a Torra. Si descrisse nei minimi particolari il corredo sacro sia nelle quantità che nello stato: amitti, camici, pianete, corporali, palle, purificatori, «sugamani», tovaglie, cuscini. Un secchiello di rame per l’acqua santa con relativo aspersorio, un messale per la messa dei defunti e uno per le altre messe, un campanello del Sanctus, due candelieri d’ottone. È interessante notare che tra i beni descritti v’è una tavoletta delle messe che doveva perpetuamente celebrare il canonico di Torra e l’ordine che dovevano osservare quelli di Tuenetto nelle 40 ore che si fanno in Parrocchia; inoltre un’altra tavoletta con l’indulgenza sopra descritta. Ancora la chiesa possedeva un banco nel presbiterio, una cassetta per le scritture fatta qualche tempo prima come detto, una panca per collocarvi sopra i cadaveri dei fanciulli. Alla chiesa apparteneva pure un «confolone» che si conservava però nella parrocchiale e che era in cattivo stato. Nel Capo III furono elencati tutti i beni stabili: un campo ai Campi longhi, un’arativa sempre ai Campi longhi, un’arativa in «loco detto de sora dalle case». Rilevata la misura dal perito Gallo, fu specificato che essa comprendeva «i argali, cese, o sia cespugli se ve ne sono nei campi e trà i termini, come non meno la mettà delle strade consortali, quali strade però non si possono levare, ma convien lasciarle per li consorti, e per quelli, che hanno jus di passare». Furono ben determinate le misure di superficie e tuttavia non è stato possibile, per ignoranza, tradurle in unità di misura attuali. Comunque la specificazione dice: «Per altro per fare un staro di semenza in questo distretto di Tuenet ci vogliono varghi n. 600 da quarte 6 ogni vargo, e la quarta ha ed aver deve la l’ungheza descritta nell’urbario della venerabile chiesa di Molar de miei Rogiti, come fu anche osservato nell’urbario della chiesa di Vion in questa mattina da me publicato, ed al quale». Il Capo IV descrivono gli affitti che la chiesa di san Rocco riscuoteva sopra vari fondi arativi e vignati: alle «Toniette», «ai res». Una rendita proveniente dalla vendita di un gaggio «ai gregiotti» che rendeva poco; la chiesa di Tuenetto possedeva un arativo a Mollaro in località «Lovara». La chiesa aveva in essere contratti agrari (livelli) nelle pertinenze di Tuenetto in località «a lava». Inoltre «Questa chiesa poi ha ragione di certa porzione di [***] montane come da carta di regola seguita in rogiti del signor Pietro Paniza Notaio di Taio sotto li 14 gennaio 1656 soscrita ed approvata dall’Illustrissimo Signor Giuseppe Gio Antonio Conte di Thunn dinasta giurisdicente alla quale». Nel Capo V si registrano gli aggravi perpetui e qui la chiesa aveva l’obbligo, perpetuo, di dare annualmente per le due messe che il signor Arciprete di Torra deve celebrare a Tuenetto, nove troni. Una messa era celebrata il 16 agosto festa di san Rocco e l’altra il secondo giorno delle rogazioni. È interessante la nota a questo punto: questa messa del secondo giorno delle rogazioni, era stata trasferita a Mollaro fintanto che la chiesa di Tuenetto non fosse stata restaurata; ritornò ad essere celebrata in paese dopo la sacra visita dei 5 settembre 1766 quando, constatata la fabbrica del presbiterio e il generale risanamento il Vescovo comandò che tornasse ad essere celebrata a Tuenetto. In riferimento alla messa e alla processione del secondo giorno delle rogazioni, la chiesa di Tuenetto aveva l’obbligo di distribuire agli intervenuti alla funzione, «una carità di pane di segalla di stara uno quarte una e meza, […] E questa tronda come credesi deve esser distribuita per cagione di certo legato perpetuo antichissimo del qualle non si ha l’origine, ma sempre distribuite essendo state dette tronde». Per finire la chiesa era tenuta al necessario mantenimento dei sacri arredi, ad acquisire la cera, a conservare l’edificio in buono stato. Al «sindico poi, che fa anche il sagristano ò sia monego della chiesa nulla per antiqua consuetudinem si contribuisce, ma ogni sindico esercita tall’ufficio gratis, e per amor di Dio, ed onore di san Rocco aspettando dal cielo il pagamento e li impieghi ordinari del sindico e monego. Dissi per li impieghi ordinari mercechè per li straordinari altro dir si deve essendo così sempre stato stilato». L'inventario si chiude in questo modo: «Il tutto adunque si hà ordinato, come si ordina à maggior gloria di Dio, e della B.Vergine Maria, ad onore di San Rocco Confessore Patron Titolare di questa chiesa figliale, ed à lode di Sant’Eusebio Prete Confessore Patrone di questa antica Pieve ed Arcipretura di Torri, e non sol con questo, ma con ogni altro meglior modo, via, e forma et ita. Io Gio Pietro de Mediis Notaio publico di Molaro abitante in Taio alle cose premesse fui presente, e quelle pregato scrissi, e publicai ed attesto la presente copia essere in tutto concorde col suo originale. In fede avertendo qui essere stata studiosamente lasciata in bianco ogni prima faciata del presente urbario affine si possa annetere in essa qualunque mutazione che col trato del tempo potesse succedere. Perciò Laus Deo Optimo» L'inventario del 1774
L'altare L’interno è ad una navata con volta a crociera. A tale navata in antico era limitata la chiesa, è nel 1765 che viene ampliata con l’aggiunta dell’attuale abside. Vi è un altare in legno del XVII sec. indorato nel 1715 da Giovanni Battista Costanzi proveniente dalla Chiesa di San Marco di Mollaro. Qui è interessante riportare la nota scritta da don Giovanni Battista Menapace che chiarisce la provenienza dell'attuale altare della chiesa di Tuenetto. Distrutto a ragione il vecchio altare per le due cariatidi che mostravano i seni e quindi «scabrose e sfacciate», fu sostituito (si presume intorno all'epoca della rifabbricatura della Chiesa di Mollaro avvenuta alla metà dell'ottocento 1852), con l'altare dedicato a San Francesco di quella chiesa. La pala raffigurante il santo d'Assisi è rimasta a Mollaro ed ora si può ammirare sul muro a lato dell'altar maggiore. Nel 1884 nell'altare fu collocata la statua della Madonna di Lourdes. Per quanto riguarda la vecchia ancona dell'altare distrutto, effigiante san Rocco e san Fabiano e in alto la Madonna col Bambino, toltola fu ripiegata e posta in un cassetto della sacristia. Don Giovanni Battista Menapace, arciprete di Torra dal 1897 al 1891, lo notò in fondo a quel cassetto nel luglio del 1888 in uno stato «deplorevolissimo». Esaminando la tela scoprì la seguente scritta sotto la cornice e quindi non visibile a don Tommasi:
EX VOTI CAUSA HAS IMAGINES DIPINGI CURAVIT [***] D. EUSEBIUS DE MICHELIS DE VIONO ANNO D.NI 1627
[***] (scrive qui a margine il parroco Menapace: “lì deve esser il solito titolo ma non si è potuto decifrare essendo troppo logorato”) ciò gli permise di scoprire l'appartenenza degli stemmi che erano dipinti fuori della chiesa e sul muro abbattuto per costruire l'abside. L'epigrafe è scritta sotto uno stemma del tutto uguale a quello descritto a pag. 327-A del volume riportante l'inventario delle chiese della Pieve. Scrive don Menapace: «Nota che questa epigrafe è immediatamente sotto l’arma che si vede dipinta in questo Volume a pagina 327-A. Si può quindi arguire con ogni esattezza che era l’arma della casa de Micheli di Vion; forse di quella gente il cui ultimo rampollo Eusebio Micheli morì il 10 febbraio 1888, ridotto nella miseria per la malavversione degli amministratori disperdendo una sostanza di ben oltre 30 mila[...] famiglia che deve esser antica e forte - che il detto Eusebio non era né vizioso né prodigo. Del resto l’arma ora non è già riconoscibile tanto è logora e sciupata la tela». L’altare attuale nella chiesa di Tuenetto non è quindi quello descritto nell’inventario del 1774 bensì uno della chiesa di Mollaro che fu rifabbricata nel 1851. L’altare purtroppo ha subito due furti che lo hanno spogliato degl’intarsi di maggior pregio. Per effetto di questi furti avvenuti il 7 e 8 gennaio 1977 e 24 e 31 luglio 1979, risultano mancanti 18 sculture (bassorilievi in legno dorato) raffiguranti testine d’angelo; la coppia di sculture raffiguranti San Pietro e San Paolo di altezza cm. 40; coppia di sculture lignee raffiguranti angeli in legno dorato di altezza cm. 40; una scultura lignea raffigurante San Rocco in legno dorato di altezza cm. 40; coppia di sculture lignee raffiguranti testine d’angelo e fiori altezza cm. 60; tutti questi pezzi mancanti sono del XVII sec. databili 1640 in quanto si ritengono opera dell’artista Simone Lener. Con gli intarsi dell’altare è risultato mancante pure un reliquiario in ottone di autore ignoto dell’altezza di cm. 20. I furti nella chiesa di San Rocco a Tuenetto
La decorazione pittorica L’abbellimento pittorico della chiesa fu eseguito nel 1913 da Primo Panciroli (1875 – 1946). Nell'abside sono dipinti fatti e simboli tutti riguardanti la vita della Madonna. A sinistra guardando l’altare v’è dipinta l’ANNUNCIAZIONE A MARIA: l’Angelo, ancora in volo, porta in mano il giglio bianco simbolo di purezza verginale; Maria è inginocchiata e viene interrotta dalla lettura; Ella si protende verso l’angelo per raccogliere il giglio che le viene porto; la colomba dello Spirito Santo simboleggia il concepimento di Gesù. Al centro della volta absidale è rappresentata l’INCORONAZIONE DI MARIA ed è forse la parte di maggior pregio artistico del ciclo di affreschi della chiesa. La cerimonia raffigurata è officiata da Cristo genuflesso, che pone la corona in capo alla Madre anch’essa inginocchiata davanti a lui. Tra essi un vaso di gigli il cui significato è la purezza e la castità della Madre di Dio. Al centro vi è raffigurato il Padre Eterno benedicente con l’aureola triangolare che tiene in mano il “globo” che rappresenta l’intero universo sul quale la Trinità impone il proprio potere divino. La colomba dello Spirito Santo è posta al centro congiungendo i volti dei tre protagonisti. La scena avviene al cospetto di un tripudio di angeli. A destra si può ammirare la PRESENTAZIONE DI MARIA AL TEMPIO: il tema non è menzionato nella Sacra Scrittura e deriva soprattutto dalla Leggenda aurea di Jacopo da Varazze di epoca medievale e tuttavia la Chiesa da grande importanza al pensiero di Maria completamente promessa a Dio già dall’infanzia. Nel dipinto della chiesa di Tuenetto si vede una scalinata ― elemento architettonico quasi sempre presente nei dipinti che descrivono questo evento ― salita da Maria bambina per giungere al tempio dove l’aspetta il sommo sacerdote. La figura di Maria è dotata di aureola come i genitori Anna e Gioacchino che la accompagnano; la piccola Maria è dolcemente sospinta dalla madre. L'incoronazione ad Anisoc
Guarda il video che descrive l'Incoronazione di Maria
Nel presbiterio inoltre, sono rappresentate con la tecnica che simula il bassorilievo, le virtù teologali: la FEDE raffigurata da una donna che regge in una mano il calice e nell’altra la croce; la CARITÀ simboleggiata da una donna che allatta; la SPERANZA (poco visibile perché dietro l’altare) impersonata in una donna con lo sguardo rivolto verso il cielo da dove attende la salvezza; il suo caratteristico attributo iconografico è l’àncora che ricorda la croce, speranza di ogni credente. Sempre nel presbiterio le lunette sono decorate con varie composizioni floreali la cui simbologia è da ricondurre alle qualità che la Chiesa attribuisce a Maria; la Madre di Dio è di volta in volta paragonata all’OLIVO che esprime la forza e la fecondità ed indica il giusto che confida in Dio, alla PALMA pianta associata all’albero della vita, cioè a Cristo stesso, al CEDRO immagine del giusto che, radicato nel Signore, trasmette bellezza e benessere anche nella vecchiaia, al GIGLIO che rappresenta la purezza della Vergine Maria e alla ROSA allusione a Maria Vergine Regina delle Rose emblema dell'Amore sacro. Sulla volta della navata sono rappresentati quattro dottori della Chiesa SANT’AGOSTINO vescovo d’Ippona, SAN GREGORIO MAGNO papa, SAN GEROLAMO Presbitero e SANT’AMBROGIO Vescovo di Milano; sulle pareti laterali a sinistra SAN GIUSEPPE col Bambino e a destra SAN ROCCO titolare della chiesa.
Nel decennio degli anni ’80 del secolo scorso è stato curato da don Adelio Frasnelli l’adattamento alle norme liturgiche del Vaticano II. In particolare è stata costruita la nuova mensa in marmo usufruendo delle balaustre smontate della chiesa madre di Torra. Inoltre sono stati eseguiti i restauri degli affreschi sulla parete di nord. La settecentesca statua lignea raffigurante San Rocco è stata collocata nella chiesa di Tuenetto nell'agosto del 1989. La scultura è scolpita in legno di cirmolo, ed è di tipica fattura tedesca. Il santo è raffigurato con i classici tratti iconografici del vincastro e il bubbone pestifero sul ginocchio; non compare il cane classico attributo iconografico del santo. Essa proviene dalla comunità benedettina del Monte di Cesena ed era a sua volta lì giunta da Bolzano dopo che la chiesa ove era ospitata fu quasi distrutta dalle bombe della seconda guerra mondiale. Guarda il video che descrive la statua lignea di san Rocco
L'interno della chiesa
La nota a margine dell'Inventario del 1774
Il quadro è dipinto su entrambe i lati: Maria e sant'Anna con Gesù Bambino
San Rocco e san Sebastiano protettori degli appestati, con san Giuseppe e il Bambino
L'Incoronazione di Maria
La presentazione di Maria al Tempio
1751 ...un campanileto sopra la porta con due campane piciole...
La campana dedicata a don Adelio Frasnelli (1911-1990)
Campana alla memoria di Tullio Melchiori (1923-1988)
Le attuali cinque campane
La data sul campanile
16 agosto 1990 Promemoria della benedizione delle campane
Agli albori del suo apostolato nella Pieve di Torra (1750-1783) l'arciprete don Pietro de Tomasi, nell'inventario rilevato nel 1751 scrive: «[La chiesa di santo Rocho ha] ...un campanileto sopra la porta con due campane piciole». In quello più particolareggiato del 1774 annota: «Questa chiesa ha un campanilleto di muro posto sopra i muri della chiesa istessa e coperto d'assi fatto l'anno 1742...». Dunque nel 1774 l'attuale campanile non esisteva (o perlomeno non esisteva nella forma attuale), ma, se si interpreta correttamente la descrizione di don Pietro Tomasi, le due campane erano poste sul muro traforato della facciata della chiesa in un campanile, come si suol dire "a vela". Altre informazioni non si hanno fino al 1861 come testimonia la data impressa sul campanile stesso, ma non si s'è potuto appurare se fosse l'anno di costruzione o solo di ristrutturazione. Più recentemente, nel 2001, sotto la guida dell'architetto Marina Casagrande, il campanile (come l'intera chiesa) è stato interessato da interventi di restauro in particolare è stata rifatta la copertura con scandole di larice e rifatto l'intonaco.
LE CAMPANE
Nelle scritture canonicali della Parrocchia di Torra, nel Libro I a pagina 625 sotto il titolo «Campane di questa Pieve e sue figliali» si legge che nel 1751 «…Tuenet ne ha due. La maggiore pesa pesi 5,5 et il batochio deve essere di lib. 5,5 ha questa inscrizione - "A fulgore et tempestate libera nos Do(mi)ne". Pietro Soleti feci citadino di Brescia abitante in Cremona – 1742». Delle campane di Tuenetto poi si trovano informazioni nell'urbario fatto nella sacra visita del 1913 quando a reggere la Diocesi di Trento era Monsignor Celestinio Endrici. Si legge: «Campanile con tre campane, una del 1742 benedetta a Celsissimo Thun; l'altra antica e ritenuta benedetta.» Probabilmente per la frettolosa compilazione dell'urbario si è dimenticata la descrizione della terza campana. Un intervento conservativo del campanile fu eseguito nel 1861 come testimonia la data dipinta sul campanile, ma di questi lavori non è stata reperita nessuna carta. La fame di metalli per la fusione di cannoni provocata dallo scoppio delle guerre mondiali, pretese il suo tributo di bronzo fornito dalle campane; anche la chiesa di Tuenetto fu interessata dalla requisizione delle campane anche se i documenti in nostro possesso non spiegano chiaramente la circostanza.
1990 L'AUTOMAZIONE DELLE CAMPANE
Fino al 1990 il campanile di Tuenetto ebbe tre campane. Da quell'anno il concerto campanario di Tuenetto è formato da cinque campane ed è completamente automatizzato. L’idea di munire il campanile dell’orologio fu del Signor Carlo Bertoluzza (1899-1990), il quale donò alla frazione la cifra di 500.000 lire. Fu l’opera instancabile di don Adelio Frasnelli a riprendere la volontà del benefattore e, proponendosi lui stesso come animatore, cercò personalmente i fondi per coprire la spesa. Don Adelio morì il 29 gennaio 1990 prima di veder completato il progetto, che nel frattempo aveva preso corpo e stava per essere realizzato. Fu don Tullio Sicher Parroco di Mollaro-Tuenetto dal 1989 al 2002, che firmò il contratto con la ditta «Fagan Campane» di Marola di Torri di Quartesolo (Vicenza) per la realizzazione di un impianto d’elettrificazione per le campane con suono a distesa. In virtù delle note prodotte dalle campane disponibili, furono scelti i due motivi musicali, che, alle 7 del mattino e alle 20,30 della sera, diffondono la melodia dell'Ave Maria di Lourdes e nel periodo dell'avvento e natalizio, di Tu scendi dalle stelle. L'aggiunta delle due nuove campane in bronzo di prima qualità con un diametro alla bocca rispettivamente di cm. 46 la prima e cm. 38 la seconda per un peso complessivo di circa 100 kg. conferiscono al concerto campanario di Tuenetto una qualità suggestiva di grande valore. Il 16 agosto 1990 festa di San Rocco, ad ore 9 del mattino, il parroco don Tullio Sicher, presenti i concelebranti il parroco di Dardine don Giuseppe Sebastiani, il parroco di Priò don Agostino Zanon, il parroco di Torra don Giorgio Botor, il parroco di Segno don Luigi Eccher (presente il monaco camaldolese Giovanni Dalpiaz della comunità di Torra), i padrini Frasnelli Marco fratello del compianto don Adelio, Frasnelli Ester e Antonia sorelle dello stesso, Melchiori Elsa e Anselmo sorella e fratello del defunto Tullio Melchiori e tutta la popolazione di Tuenetto benediva le nuove campane.
Il cimitero di Tuenetto, così come lo si vede oggi, risale ai primi anni del ‘900 essendo stato benedetto il 23 luglio 1906 come specificato dalla nota di don Luigi Bergamo (parroco di Torra dal 1911 al 1929) redatta in occasione della sacra visita vescovile del 12 maggio 1913. Prima il camposanto era tutt’intorno alla chiesa come ben descritto nell’inventario del 1774 al punto 7 del Capo I: “Il cemetero in mezo del quale posta è la chiesa ha l’ampiezza della semenza di quarte una, minelle meza compresa la chiesa ed i muri dai quali vien cinto il detto cemetero, le cente del quale meritano d’esser ristaurate e meglio coperte ciò che subito si farà quando si sarà rimessi dalla spesa fatta nella fabbrica (si tratta dell’ampliamento della chiesa con l’aggiunta del coro lavori eseguiti nel 1764). Questo cemetero ha un sol ingresso al quale vi è la sua grada di ferro fatta l’anno 1753 come al paragrafo 5 del libro de Conti, merceché anticamente vi era una grada di legno. In questo cemetero si sepeliscono solo li fanciuli che non sono arrivati all’uso della ragione e come si suol dire di stola bianca, merceché quelli di stola nera ossia li maggiori si sepeliscono nel cemetero della Parrochiale. Il cimitero è stato oggetto, nel settembre del 2020, di lavori di manutenzione quali la pavimentazione del vialetto in cubetti di porfido e la posa di una fontanella in ghisa verniciata all'esterno. In questa occasione si provvide pure all'installazione di 12 nuove urne funerarie collocate sul lato ovest a sinistra dell'entrata. (vedi foto) Il crocefisso del cimitero Guarda il video.
Dal 1988 davanti al cimitero c'è il monumento a ricordo di tutti i caduti delle guerre. La realizzazione del monumento fu promossa dal Gruppo A.N.A. Zirò con il contributo dell'Amministrazione comunale di Taio. L'opera scultoria realizzata in pietra bianca lavorata in forma d'arco è collocata su un basamento dello stesso materiale e reca la scritta «Tuenetto ai suoi caduti». L'inaugurazione avvenne alla presenza delle autorità civili e militari e benedetta da don Adelio Frasnelli il 21 agosto 1988. La cerimonia iniziò con la sfilata degli alpini, in testa il Gruppo A.N.A. Zirò, che partendo dalla piazza del paese e preceduta dalla Fanfara degli Alpini, si portò nei pressi del monumento dove fu celebrata la Messa e al termine il rito liturgico di consacrazione del monumento. In particolare furono ricordati i caduti di Tuenetto Melchiori Alfredo e Ermanno periti a causa della seconda guerra mondiale.
Il cimitero negli anni '30'
Prima dei lavori del 2020
Novembre 2021 - Il nuovo vialetto e la fontanella
FOTOGRAFIE
La chiesa con la facciata ancor priva della statua di san Rocco (1920 ca.)
La chiesa negli anni '40
La chiesa negli anni '50
La foto mostra i maestosi ippocastani che facevano da quinta alla chiesa
1976 la Chiesa bisognosa di restauro
1 maggio 2020 Vista da sud
Vista da nord
L'ingresso al campanile
Il portale settecentesco in pietra locale
La finestrella sulla facciata
La data sul campanile
La statua di san Rocco che campeggia sulla facciata della chiesa
Quadro con i santi Rocco e Sebastiano al centro san Giuseppe col Bambino
L'interno
L'interno della chiesa
L'aspetto dimesso del cimitero in una foto degli anni '30
Il cimitero oggi
Settembre 2020, cantiere aperto per i lavori di riqualificazione dell'area cimiteriale
Settembre 2020 Preparativi per la posa di cubetti di porfido sul vialetto del cimitero
Don Emanuele Melchiori benefattore della Chiesa di San Rocco
Don Adelio Frasnelli fu collaboratore nella parrocchia di Mollaro; per tutto il decennio degli anni '80 fu curatore d'anime a Tuenetto
La mensa realizzata con le balaustre della Pieve di Torra
Il concerto di campane di Tuenetto
21 agosto 1988 Inaugurazione del monumento ai caduti